LEBRON JOHNSON E LA BAND DI ANDY PITT: LA SECONDA ANTEPRIMA DI TRASIMENO BLUES ALLA TERRAZZA DI MONTE VIBIANO (SECONDA PARTE)

LEBRON JOHNSON E LA BAND DI ANDY PITT: LA SECONDA ANTEPRIMA DI TRASIMENO BLUES ALLA TERRAZZA DI MONTE VIBIANO (SECONDA PARTE)

Un cantante, un chitarrista, un batterista, un tastierista-organista e un bassista messi insieme dalla tenacia appassionata di Andy Pitt. Tutti di località diverse, sparse nel nord Italia: LeBron Johnson vive a Ravenna, Andy Pitt sul Lago di Garda, Alberto Pavesi a Cremona, Paolo Mazzardi a Brescia, Davide Medicina a Genova. Nonostante provino pochissimo, per ovvie ragioni, sono affiatatissimi, con un livello di ascolto reciproco altissimo. “Assemblati” da Andy Pitt che, oltre ad essere il chitarrista e il leader della band, ha fiuto per i progetti di successo: li ha cercati, uno ad uno, e ora esiste una band straordinaria. Ognuno di loro si distingue per il peculiare percorso musicale e umano. Ed è proprio questa, forse, la loro forza: una diversità che si amalgama intorno al blues e ad una grande voglia di suonare, in cui le individualità convergono in un intento comune, molto sentito e condiviso. Infatti la band spacca! Il sole sta tramontando quando inizia il concerto; poche luci illuminano il palco e la scenografia è delegata completamente alla natura, con circoscritte e dettagliate tracce di umanità: sullo sfondo un vigneto che sembra una scultura, in lontananza il fascino senza tempo del Castello di Monte Vibiano, cibo succulento e ottimo vino (privilegiato complice della musica blues)  sui tavoli e tutta la suggestione del passaggio di testimone tra la sera e la notte. Il temporale non ha scoraggiato il pubblico che si sta radunando, anche in numero superiore al previsto, occupando tutti i tavoli a disposizione e, qualcuno, che ne resta sguarnito, trova posto direttamente sul prato. Gianluca Di Maggio (direttore del festival), con il garbo che lo contraddistingue, introduce la seconda anteprima di Trasimeno Blues: il concerto di LeBron Johnson e la band di Andy Pitt, “un gruppo di musicisti davvero eccezionali”. La tradizione di Trasimeno Blues ha sempre dato spazio ad anteprime sia nazionali che internazionali, in cui poter godere di primizie musicali inedite, che molto spesso sono state delle vere e proprie rivelazioni. Questa sera, si esibiscono, musicisti navigati e LeBron Johnson, un cantante emergente, una novità assoluta. “Una nuova proposta artistica nel panorama musicale nazionale”, una nuova voce black particolarmente interessante. Oltre a questa sera, potremo riascoltarli ancora nell’ambito della settimana del festival di Trasimeno Blues, infatti sono ancora in cartellone il 23 luglio e suoneranno a Castiglion del Lago, in piazza Mazzini alle 18.30. Quella di questa sera è una collaborazione che è nata molto di recente tra Andy Pitt, musicista chitarrista blues, che da molti anni tiene concerti in tutta Italia, e una band di musicisti eccezionali, con la voce nuova di LeBron Johnson, che fonde il soul con il blues chitarristico di Andy Pitt e le veementi sfumature blues-rock della sua band. La formazione sale sul palco senza il cantante e ci cattura tutti con le note blues suonate dagli strumenti che si spargono in uno scenario naturale imperturbabile. Con il secondo brano in scaletta, annunciato da un assolo di batteria, arriva lui, LeBron Johnson. Appena inizia a cantare, ho la sensazione che la sua voce sorga dalle viscere della terra per salire, poche note dopo, fino al Cielo. Una voce calda e profonda, con variazioni modulari ad ampia estensione vocale. È come se la voce di LeBron Johnson sia il ponte tra l’umano e il divino; ci unisce tutti, come il momento presente sta unendo il giorno e la notte: il tramonto del sole ad occidente, la luna e le stelle che si preparano a sorgere ad oriente e la musica dappertutto; e noi, il pubblico, tutti insieme, nel nulla della natura e nel tutto della musica. I brani hanno una variazione di densità che passa da una colorazione intima, avvolgente, per poi evolversi in una intensità crescente, graffiante. Non ci si annoia di sicuro. Il pubblico è coinvolto: si riconosce nelle cover e nel modo in cui vengono interpretate e si lascia sorprendere dai brani inediti di LeBron Johnson ed Andy Pitt. La musica ha respiro, spazio, ci sono margini per godere le sfumature espressive, c’è ascolto tra i musicisti; comunicano, si capiscono. Quando il brano lo permette, la band sa offrire un viaggio nel viaggio: a volte l’esordio è scarno, essenziale, intimo, per lasciare poi che gli strumenti della band si scatenino, occupando tutto lo spazio, e per tornare, infine, a convergere in un sussurro che ha la potenza di un urlo. Ed è speranza. La band è strepitosa, musicisti incredibili, tecnicamente e artisticamente.

LeBron Johnson, il cantante, la voce della band, è già maturo, sia come vocalità che come interpretazione e come performance. Ha solo 23 anni e sembra già rodato, nella sua espressione vocale raffinata e amabile. Regala sfumature di voce peculiari e ammalianti, conducendo il pubblico in un viaggio musicale ed emotivo all’insegna dell’amore, reso più vivido dalla grinta dei musicisti.

Andy Pitt, il chitarrista, è un tutt’uno con la sua chitarra, che fa vibrare esprimendo tutto ciò che sente nelle viscere, senza filtri; appassionato di blues e di moto, sembra che porti nel suono della sua chitarra, quel senso di libertà e di audacia che si prova in sella ad una moto.

Alberto Pavesi, il batterista (attualmente uno dei migliori batteristi del panorama nazionale ed internazionale), crea dei ritmi e dei controtempi che predispongono alla creatività che si attiva sul palco. Recupera ogni stimolo e lo valorizza raddoppiandone il ritmo. In diverse occasioni, ha raddoppiato i riff dei diversi strumenti (le frasi musicali che hanno una propria identità espressiva e che si ripetono all’interno di una composizione). Aggancia i riff e li raddoppia, creando un effetto musicale potente e molto trascinante.

Paolo Mazzardi, il tastierista e organista, appassionato di montagna, si definisce uno stambecco dell’Adamello, nasce come tastierista rock e si forma all’ombra del mito dei Pink Floyd. Usa un amplificatore per organo degli anni Cinquanta, un Leslie. Ed è davvero molto, molto raro trovarlo su un palco (anche perché pesa “un quintale”).

Davide Medicina, il bassista, ha nel suo modo di suonare tutta la ricchezza musicale della città di Genova dove, a detta sua, “ci sono più musicisti che locali”.

Tutta la band palleggia con i reciproci riff ed è impossibile non lasciarsi coinvolgere, nonostante non sia stato un palco facilissimo per via della distanza fisica con il pubblico, che il temporale pomeridiano ha relegato sotto la tettoia della terrazza. I musicisti della band sono ben amalgamati, lasciano viaggiare le singole frasi musicali, le intuizioni, le proposte, in un’esplorazione strumentale e artistica che è un viaggio musicale di per sé, nel viaggio già intenso del repertorio presentato, tra vecchi cavalli di battaglia del blues e brani inediti della band. Si percepisce che si stanno divertendo e stanno donando al pubblico, con generosità, tutto ciò che sono. Infatti, lo raggiungono e lo travolgono. I musicisti comunicano tra loro musicalmente, si capiscono, si spalleggiano, si sostengono ed è una celebrazione della musica in un crescendo di atmosfera, energia, magia.

LeBron Johnson, tra un brano e l’altro, si racconta, condivide con il pubblico, il valore dell’amore come “la forza più grande del mondo” e quello del confronto: “Oggi la gente litiga – Aver ragione non è quello che conta. Quello che conta è la pace, l’amore”. Parla di Andy Pitt come un fratello e non teme di mostrare la sua vulnerabilità, confessando di avere sempre paura quando esegue un brano di Marvin Gaye, perché ha “troppo rispetto” per questo musicista o, quando presenta il brano “All about you”, rivelando di essere lui stesso il protagonista di questa canzone che parla di un amore deludente. “La canzone racconta di un ragazzo innamorato e di una ragazza molto furba. La ragazza non amava questo ragazzo ma non l’ha mai detto e il ragazzo l’ha scoperto da sé. Il ragazzo sono io, sono io il ragazzo e questa canzone la sto cantando per lei”. Non c’è traccia di esordio, sembra navigato, ha un’espressività di volto e di corpo molto comunicativa e coinvolgente; il suo corpo è in totale connessione con le note e sottolinea il “sound intriso di groove e di feeling”. A fine cena, il pubblico si riversa sul prato e c’è tutto lo spazio e l’atmosfera per lasciare che le note di questa band strepitosa abitino anche i corpi. Tutti a ballare, occupando il prato che separa il palco dai tavoli, sotto la terrazza che la pioggia ha imposto, perché ovviamente si è temuto di non poter fare il concerto. Il batterista, incoronato imperatore del tempo “a furor di popolo“, sbaglia le misure geometriche e cade dal palco, che per fortuna è basso. Il bis si allunga più del previsto. La band risponde all’energia del pubblico e, in questa serata magica, celebra la musica che, come sempre, ha il potere di liberarci, ricaricarci, riconnetterci, rappresentarci, ispirarci, unirci. E, soprattutto, renderci migliori. Quando si spengono le luci, a fine concerto, nell’aria, sul prato, tra le stelle, sempre più vivide, nei cuori delle persone, resta una fantastica energia che LeBron Johnson e la band di Andy Pitt hanno saputo accendere e tenere viva e coinvolgente, dall’inizio alla fine, per tutta la serata.  

(M.P.)