Con la musica blues ci sono cresciuto. Anzi, per dirla tutta, nel blues ci sono nato. Scorre nelle mie vene come il buon vino e la voglia di libertà. Il primo film che ho visto è stato The Blues Brothers. Avevo 11 anni. Sono nato nel 1971 e sono cresciuto in un bar in cui, proprio al centro del locale, era posizionato un bel Juke Box. I miei avevano un bar, a Lacedonia, un paese sperduto sull’Appennino dauno, al confine tra la Campania e la Puglia. La vera attrattiva del bar era lui, il Juke Box luminescente come una giostra nei giorni di festa. Non era un Juke Box qualsiasi con i 45 giri delle hit del momento. No! Era un Juke Box i cui dischi erano minuziosamente selezionati dai clienti, in particolare dai miei cugini, nati negli anni Cinquanta. Alla fine degli anni Settanta, la musica scelta era prevalentemente rock; quel rock con chiarissime radici blues: BB King, Eric Clapton. Il bar era un ritrovo per socializzare e condividere i gusti musicali, in cui si sognava un futuro di libertà, di emancipazione. Ancora oggi custodisco gelosamente il doppio trentatré giri di Eric Clapton. Potrei ascoltarlo in digitale, ma sentire i graffi del tempo sul vinile non ha paragone con qualunque “perfezione”: si amalgamano alla grande con il ritmo blues di questo album. Forse è questo: il blues arriva dentro perché non teme le imperfezioni, anzi, le integra come se fossero perle.
Antonio Megliola – Lacedonia (AV)
Che emozione questo tuo scritto. Anche la foto è stupenda. Sembrano tempi lontanissimi. E questo può voler dire solo due cose: o che stiamo invecchiando, oppure che il blues non invecchia mai. A parte gli scherzi. Grazie.