UN CROCEVIA DI DIREZIONI MUSICALI DAL CUORE BLUES: IL VIAGGIO PERSONALE DEI SACROMUD, DEI SUPERDOWNHOME E DI ANDY J FOREST PER UN CONCERTO RARO

UN CROCEVIA DI DIREZIONI MUSICALI DAL CUORE BLUES: IL VIAGGIO PERSONALE DEI SACROMUD, DEI SUPERDOWNHOME E DI ANDY J FOREST PER UN CONCERTO RARO

Questa sera, introdotto dai Superdownhome, avrebbe dovuto suonare Melvin Taylor che il covid ha messo agli arresti domiciliari lasciando delusi centinaia di fan. Quando succedono imprevisti di questo tipo, la direzione del festival va in tilt, non si dorme la notte, passata a pianificare soluzioni, a contattare artisti che non siano un ripiego, a sperare che i fitti calendari estivi dei musicisti abbiano uno spazio disponibile proprio nel giorno in cui serve. E così è stato. Non solo per una speciale benedizione di Dio, anche per almeno altri due motivi:

  • il palco di Trasimeno Blues è sempre ambito da tutti;
  • per il direttore artistico del festival, la lealtà e la correttezza verso gli artisti, lo staff e il pubblico sono strumenti ineludibili per fare della buona musica e, se i musicisti sono coinvolti nel sostenerlo, lo fanno con tutto il cuore, di fronte ad un problema.

Quando il palco di Trasimeno Blues chiama, infatti, la musica risponde. Sempre e comunque. Mai come surrogato, a prescindere dalle circostanze. E’ protagonista assoluta del tempo dato, declinato in tutti i suoi significati, dal chronos, all’aiòn, al kairòs: la successione di istanti nella sua sequenza cronologica quantitativa; la durata temporale di una evoluzione di vita anche nelle sue intermittenze; il momento propizio, l’occasione da cogliere nella sua istantanea vita, cioè il presente che contiene il passato e, in nuce,il futuro, svincolati dal potere degli dei per un autonomo umano agire, soggettivo, indeterminato, indefinito, in una dimensione qualitativa e ciclica. Il tempo della musica è integro e i musicisti lo sanno.

Alla notizia che ha portato all’annullamento del concerto, il direttore del festival, sia nel tono della voce che nel non verbale, ha mantenuto un certo aplomb eppure, impercettibili sfumature hanno fatto trapelare tracce della tempesta interiore da cui è stato investito, facilmente immaginabile in questi casi. Mi tocca nel profondo che per lui, onorare il patto con il pubblico sia un aspetto non negoziabile, nemmeno per i propri interessi. E non ha mollato fino a che non è riuscito a mettere in cartellone una combinazione incredibile di musicisti. Così, gli artisti contattati all’ultimo minuto, con trasporto rincuorante, hanno dilatato il loro calendario o la loro performance per accogliere l’emergenza musicale della seconda serata del Trasimeno Blues Festival. Si sono succeduti sul palco due gruppi e un armonicista fuori dal comune: i Sacromud e i Superdownhome, diversissimi tra loro come declinazioni artistiche, uniti dalla prodigiosa armonica di Andy J Forest che ha costituito un collante di continuità (oltre ad essere, Forest, l’ospite d’eccezione di entrambe le band), per la messinscena di un concerto raro. Hanno donato al pubblico due momenti concertali fantastici. In un’atmosfera irreale, in cui i diversi piani delle dimensioni umane (da quella spirituale, a quella della natura, a quella della strada, a quella urbana) si sono avvicendati e a tratti fusi. Le due band con Andy J Forest hanno emozionato ed entusiasmato per tutta la durata del concerto. Ed è stato il miglior modo per onorare Melvin Taylor, il blues, Gianluca Di Maggio e, soprattutto, il pubblico.

La giornata infuocata mi ha scoraggiato ad andare per tempo alle prove, infatti arrivo alla Rocca a ridosso del tramonto. L’aria è afosa, stagnante e il caldo, nonostante la doccia, si appiccica alla pelle e satura il respiro. La sera non ce la fa a rinfrescarsi a causa di tutto il caldo accumulato durante il giorno. La terra trasuda vapori incandescenti e c’è un trascinarsi generale in attesa dell’inizio del concerto.  Entro alla Rocca dalla porta principale (da cui entra il pubblico) e che sembra fungere da macchina del tempo: ho la sensazione di ritrovarmi in pieno medioevo. La strumentazione, le luci, il palco con il maxischermo sullo sfondo, le sedie, il piccolo chiosco (che vende da bere e qualcosa da mangiare), riportano alla realtà: 20 luglio 2022, il secondo giorno di programmazione della settimana di festival, con i Sacromud, i Superdownhome, Andy J Forest e il blues. Non è per niente male per ritrovare un po’ di energia che l’abbassamento di pressione collettivo da canicola ha quasi annientato. Il sole è tramontato, si spengono le luci della platea e quelle accese sono puntate sul palco dove Gianluca Di Maggio presenta la serata. Ringrazia il Comune di Castiglione del Lago che ha aderito come sempre, con grande entusiasmo, alla ventisettesima edizione della manifestazione musicale e ha consentito di allestire il programma di quest’anno che prevede artisti di grandissimo livello internazionale. Un Comune che investe nella musica ha a cuore la cultura, l’aggregazione sociale e le ispirazioni, l’immaginazione e i sogni che, di solito, sono un motore privilegiato di cambiamento. “Si apre la seconda serata del festival di Trasimeno Blues a Castiglione del Lago per godere di grande musica. Saremo tutte le sere qui e nel weekend sono previsti altri appuntamenti: al palazzo della Corgna, nel pomeriggio, verranno presentati alcuni libri, a piazza Mazzini ci saranno dei concerti e nel weekend una street band animerà il centro storico. Inoltre, venerdì e sabato a mezzanotte, come di consueto, sono in programma due appuntamenti alla Darsena Bar Caffè”. Il direttore del festival elenca le tante iniziative previste nell’arco di questi cinque giorni e annuncia gli artisti che sono in procinto di esibirsi, ricordando che il concerto di Malvin Taylor è stato annullato e che si avvicenderanno sul palco “due formazioni: i Sacromud, un gruppo umbro di Gubbio, con il nuovo progetto musicale (da cui hanno inciso anche un album) del chitarrista Maurizio Pugno che calca le scene da tantissimi anni; Andy J Forest, di New Orleans, personaggio storico del blues internazionale che ha fatto anche la storia nell’ambito del Trasimeno Blues; soprattutto nei primi 15 anni di festival ed  è stato molto spesso presente, in diverse location, con diversi progetti e che durante la serata verrà chiamato da entrambe le band; si esibiranno, poi, i Superdownhome che erano già previsti nel programma”. Invita i Sacromud a salire sul palco e si dà fiato alle trombe. La band si impossessa del palco, si posiziona e si spengono le luci. Il buio fa convergere le anime di tutti in un’unica direzione e lo spazio viene abitato da un silenzio quasi religioso, propedeutico a sonorità spirituali e performance narrative dal sapore teatrale creando un’atmosfera di sacralità. Il palco si tinge di rosso quando le luci illuminano la band mentre la chitarra di Maurizio Pugno infrange il silenzio con un assolo che sa di preghiera e di domande esistenziali, filosofiche, metafisiche, rivolte direttamente all’Universo. Dietro il palco, sul maxi schermo, vengono riprodotte le immagini ingigantite del palco con zoomate sui singoli musicisti, alternate a immagini di galassie, pianeti, stelle, al logo di Trasimeno Blues, a immagini floreali, a immagini di dettaglio su strumenti e musicisti creando suggestioni che si mescolano alle stesse note.

La chitarra si espande, vigorosa e solitaria, assumendo tonalità orientali appoggiate su un ritmo soul, roots, rock, e R&B. “Siamo i morti che pesano sulla tua coscienza, siamo il sangue sparso. Attraversiamo questo mare guidati dalla luce dell’unica stella, ad occhi aperti, verso un’altra riva. Un carosello”, recita la voce sensuale del cantante Raffo Barbi. Tutti gli strumenti sembrano svegliarsi all’unisono, all’improvviso, quasi ad evocare un risveglio delle coscienze. La strepitosa chitarra di Maurizio Pugno si mescola al talento degli altri musicisti: al piano e all’organo di Alex Fiorucci, al basso di Franz Piombino, alla batteria di Riccardo Fiorucci (tutti bravissimi), e aggancia l’interiorità, dal cuore, all’addome, alla spina dorsale, alla pianta dei piedi, accompagnando il pubblico in un viaggio dal sapore zen con risvegli ritmici blues e narrazioni teatrali in un’atmosfera che evoca il mistero. Le immagini proiettate invadono anche le pietre delle mura di cinta della rocca, in gigantografie suggestive che accorano lo sguardo, come la musica il cuore. “Ogni singolo uomo nasce con un preciso scopo, alcuni ci impiegano una vita intera per capirlo, altri non lo capiranno mai, ma verrà un giorno, un giorno sacro, dove torneremo a riabbracciare i nostri alberi, le nostre pietre e i nostri fratelli”. La performance musicale si evolve in un gioco di vocalizzi di chiamata a cui corrispondono cori di risposta da parte del pubblico che annullano definitivamente la linea di confine con la band in un afflato spirituale e musicale in cui la band propone alcuni brani tratti dall’album “Resized” del 2021 e altri tratti dal loro album omonimo “Sacromud” uscito a marzo del 2022. Quando arriva Andy J Forest, la sua armonica riporta alla terra, alla vita reale, al blues in cui il travagliato mondo emotivo dell’umanità in ricerca è reale quanto la carne. Paradossalmente, tale direzione, esalta la spiritualità che connota la band. È come se la dimensione trascendente, tutta intera, avesse deciso di scendere sulla terra e mettersi in viaggio on the road. Anche Andy J Forest, gioca col pubblico e con gli strumenti in chiamate e cori. Amo questa modalità del blues. Herns Duplan, fondatore dell’Expression Primitive, nei suoi stage dedicava uno spazio privilegiato a questo tipo di lavoro e ne raccontava le implicazioni psico-sociali, in cui l’individualità si assume la responsabilità di mettersi in gioco, da sola (e incontra il coraggio) e il gruppo si accorda nella consapevolezza di un’appartenenza e di un’uguaglianza sociale, in cui ognuno è responsabile di se stesso ed è di supporto agli altri (e incontra la potenza). La musica non è estranea alla vita sulla terra, in ogni sua forma e non è fine a se stessa: serba preziosità su cui riflettere quando siamo pronti a farlo. In sintesi la prima parte del concerto può essere definita come “il nuovo sound dell’anima”, come la interpreta Franz, il bassista. “Il nostro sound è nuovo, e se arriva dentro, la missione è compiuta” un po’ “come se l’anima entrasse in una dimensione inesplorata”, integrano gli altri.

La seconda parte della serata è un’esperienza altrettanto incredibile, giocata su corde totalmente opposte, per quanto, quando si tratta di blues, il fondo emotivo è presente in modo identitario e comune. Nella performance dei Superdownhome, infatti, ci sono alcune interpretazioni oniriche che evocano la dimensione spirituale anche se con peculiarità che richiamano al conflitto esistenziale con cui l’anima blues convive. Un batterista e un chitarrista in grado di stravolgere i codici musicali tradizionali per restituire un nuovo senso al blues, anche attraverso il recupero di strumenti primordiali integrati con batteria e chitarra, suonati con una creatività e una dovizia tecnica sorprendenti che creano un effetto multi-strumentale. “A monte c’è la scelta di un utilizzo di questi strumenti molto particolari che non sono delle chitarre. Fanno parte della categoria delle Cigar box. Praticamente sono degli strumenti arcaici che nascono in Africa. Un manico con una corda: intorno alla fine dell’Ottocento hanno assemblato il manico da scopa con la scatola dei biscotti o dei sigari diventando Diddley Bow. Il problema è che quando hai una corda o due o tre, devi trovare degli escamotage per riuscire a sostenere a livello musicale. Da qui la scelta di avere un’amplificazione moderna, con più amplificatori e degli effetti che aggiungono colori, oltre a quella di arrangiare i brani in un certo modo, di scrivere dei brani che non siano proprio dei classici blues. A furia di errori e tentativi, abbiamo trovato questa formula che ci sembra funzionale”.

Gianluca Di Maggio presenta la seconda parte, introducendo questo duo rivelazione della scena blues italiana “che si rinnova attraverso le sonorità moderne, con un sound davvero potente. Sono chitarra e batteria ma sembrano una band di tanti elementi. Hanno inciso un IP e tre album, hanno già importanti collaborazioni. In un loro album hanno inciso un brano con i Nine Below Zero e il prossimo album sarà prodotto da Anders Hosborne.” Bresciani, dotati di un’energia possente, offrono brani incalzanti cantati con un timbro vocale vissuto che evoca le atmosfere fumose di contesti in cui i pensieri sono emozioni, da quelli rurali a quelli urbani, sottolineati anche dagli abiti (rurale il batterista e urbano il chitarrista). Sono Beppe Facchetti (batteria e voce) e Henry Sauda (voce, cigar box, diddley bow). I Superdownhome iniziano a comporre musica nel 2016, ispirandosi a Seasick Steve (da cui “rubano”, come ama sostenere Henry, l’uso di Cigar Box e Diddley Bow) e a Scott H. Biram (a cui si sono ispirati fondendo un certo minimalismo musicale a sonorità rurali e selvagge) e sono incredibili. Trasportano il pubblico in dimensioni viscerali in cui non c’è troppo spazio per la mente. Agiscono, dunque, un effetto corroborante di cui se ne sente il bisogno, in tempi così sbilanciati tra la mente e il corpo, tra il corpo e il cuore, tra il cuore e l’anima, tra l’anima e la vita. Sono irresistibili e la vera magia sta nel fatto che, mentre li ascolti, tu stesso ti senti irresistibile. Henry Sauda, a metà concerto, si lascia il palco alle spalle e si mischia con il pubblico, imbracciando la sua cigar box, in cui le parti che la compongono (un manico di scopa e una scatola) sono riconoscibili. Interagisce col pubblico con il suo strumento mentre il batterista (che sembrano mille) regge il palco con un ritmo che ti prende. Sono due e sembrano duemila. In alcuni brani emerge una dimensione onirica inquieta, che sottolinea lo smarrimento dell’animo umano di fronte all’immensità della Vita, per poi rimettere tutto nella vita reale a ritmo di un blues rivisitato e tradito per essere ritrovato.

Quello dei Superdownhome è un progetto che si basa su riflessioni a tutto tondo. Infatti per riuscire non ci si può affidare al caso. “Deve esserci una progettualità. Faccio un esempio sciocco ma fondamentale: tendenzialmente i personaggi importanti del mondo della musica non amano avere aperture perché, per quanto poco, sposti sempre qualcosa sul palco e questo destabilizza. Quindi cosa fai? Ti organizzi e ti porti tutto quello che ti serve. È poco romantico, ma estremamente funzionale perché se arrivi che tu non tocchi niente degli altri, ti permettono di fare. Domani sera apriamo per i Fantastic Negrito (che sono stasera a Fiesole) al Vittoriale di Brescia che è un posto rinomatissimo. Abbiamo già aperto sei concerti dei Fantastic Negrito, li abbiamo aperti anche grazie ad una formula che ti permette di farlo. Che è una formula massacrante”. Ci tengono ai dettagli, non solo musicali, anche manageriali e, soprattutto, al rispetto. “Un altro aspetto strategico è quello di trovare una zona musicale. Il blues ha una sua zona, ha un suo pubblico, ha un suo codice che può essere travalicato. E l’abbiamo trovata una zona, che tradotto in termini pratici, vuol dire avere dei festival dove puoi suonare e abbiamo trovato un’agenzia che si chiama ‘Slang Music’ che ci ha permesso di distribuirci. Sono cose a cui non si pensa, ma se non hai l’agenzia non vai da nessuna parte. Siamo anche riusciti a trovare un’etichetta parigina che sul frontespizio ha scritto ‘For an open minded vision of the blues’ e ci siamo riconosciuti in questo approccio. Ci ha permesso di sopravvivere al covid perché abbiamo firmato con loro nel pieno del periodo covid, mentre molte agenzie chiudevano o non lavoravano. Le etichette non investivano perché non stava suonando nessuno. E poi c’è il dress-code: invece di salire sul palco vestiti normali, abbiamo cercato di pensare a un qualche cosa che potesse bloccare l’occhio quei cinque minuti di più. Per non parlare del fatto che, se ricevi un feedback di un certo tipo, bisogna essere disponibili a lavorarci. Di fatto, stiamo portando avanti un discorso che è nostro, credendoci, supportati anche dal fatto che c’è stato qualcuno che ci ha creduto.” Le parole di Beppe (scambiate brevemente dopo il concerto mentre smontava gli strumenti) mi fanno riflettere: in effetti serve tutto questo, non basta essere bravi musicisti. I Superdownhome si esprimono e si promuovono a 360°, divertenti, capaci, creativi, consegnano la loro musica con professionalità e leggerezza.

Ritornando al concerto, Beppe racconta del rapporto artistico e di amicizia con Popa Chubby (con cui hanno registrato l’album “Get My Demonds Straight” nel 2019) e introduce il brano successivo, “Highway Music” con parole viscerali: “E’ uno di quei brani che parlano di quei momenti in cui ti trovi in generale in auto o in treno, quando, in mezzo a quel panorama, ascolti quel genere di musica che ti fa dire che quella è la canzone perfetta per quel momento perfetto. È questo il sentimento che abbiamo cercato di trasmettere”. Con un groove tipicamente blues, il brano in effetti evoca il viaggio e l’incedere di uno spazio che fugge al contrario, inafferrabile. Perfetto per introdurre lo special guest Andy J Forest. Arriva sul palco senza cappello, meno male, perché me lo sono chiesto come fanno i musicisti a tenere in testa un cappello con questo caldo, o una giacca, o dei pantaloni lunghi. “Prima che lui tornasse in Italia, l’ultima volta che ci siamo visti è stato a New Orleans, in occasione della registrazione del disco. In quanto personaggio di rilievo della scena musicale di New Orleans e in quanto amico da tempo è venuto a trovarci in studio e abbiamo fatto un po’ di cose insieme che usciranno il 30 settembre. Partono con Maddy Waters, uno dei padri fondatori del blues. Sono spettacolari, vibranti e creativi. Il groove colpisce la profondità dell’anima. Un concerto fantastico che non poteva essere previsto, in cui i musicisti di entrambi i gruppi ed Andy J Forest, non avendo potuto provare per cause di forza maggiore, si sono intesi direttamente sul palco e lo hanno fatto meravigliosamente. Alla fine del concerto dei Superdownhome non poteva mancare un riferimento a Robert Johnson di cui “ne abbiamo fatto una versione che è finita anche su un video qualche anno fa, con la partecipazione di Popa Chubby” e si intitola “Stop braking down blues”. Quando il pubblico chiede il bis, Andy J Forest, con l’armonica suona il silenzio che nelle caserme o negli accampamenti militari segna l’ora del sonno. Poi, si ricongiungono tutti e tre per un ultimo brano prima del saluto definitivo. E tra gli appassionati serpeggia il tacito accordo di ritrovarsi domani, con un altro concerto e una nuova avventura a tinte rigorosamente blues.

(M.P.)