FAVOLA AFRICANA – MAROCCO

FAVOLA AFRICANA – MAROCCO

Ai piedi dell’Atlante, massiccio montagnoso del Sahara occidentale, vi era un regno potente governato da uno sceicco tanto saggio quanto buono. Aveva sposato la principessa Hamida che vuol dire gazzella. La giovane regina meritava quel nome per la sua grazia e la sua fragilità. Un anno dopo le nozze diede alla luce tre gemelli. Il padre e i sudditi furono pieni di gioia. Ma alla gioia si mescolò presto il lutto perché dopo qualche mese la regina morì. Ancora sotto il peso della triplice gioia e del grande lutto, il sovrano radunò ministri e consiglieri per sentire il loro parere sul problema che già lo preoccupava. Tre principi, eredi del trono, erano una grande speranza ma anche una fonte di timori e potevano in futuro essere causa di tensione e guerre fratricide. Che fare?

Il ministro più crudele suggerì di esporre i tre neonati al sole ardente: l’erede sarebbe stato il sopravvissuto. Ma lo sceicco rifiutò una soluzione così barbara. Il consigliere più stupido suggerì di cacciarli via tutti e tre, ma il sovrano non gli diede ascolto. Un altro propose di tirare a sorte chi sarebbe stato l’erede, ma anche questa idea non piacque. Allora il sovrano rifletté e prese la sua decisione: vivranno insieme ed avranno la stessa educazione – disse – Quando saranno grandi daranno prova della loro bravura.

Passarono vent’anni e i tre principi, sebbene educati allo stesso modo, mostravano una evidente diversità di carattere. Uno amava i giochi di forza e destrezza: sapeva domare un cammello in due ore, spezzava i più forti guerrieri del regno. Perciò era chiamato Ben Hard, il principe forte. Il secondo amava gli studi e parlava alcune lingue, conosceva il movimento degli astri e l’origine del mondo. Era chiamato Ben Husken, il principe sapiente. Il terzo, invece, ignorava tutte queste cose, ma sapeva cantare e suonare la chitarra divinamente. Lo chiamavano El Gazil, il principe simpatico.

Era giunto dunque il tempo per metterli alla prova. Un giorno lo sceicco invitò a palazzo i tre principi e i nobili del regno e disse: -Figli miei, tutti e tre avete diritto al trono ed io non so chi scegliere. Per uscire dall’incertezza vi metterò alla prova: vi propongo di lasciare la corte e di compiere un’impresa degna di un re, poi sceglierò chi avrà compiuto l’azione più meritevole. Vi do una settimana di tempo.-  

Il principe valoroso sellò il cavallo di battaglia, prese arco, frecce e scimitarra e partì scomparendo in una nube di polvere.

Il principe sapiente prese penna, carta, calamaio ed un fascio di libri e partì sul suo pacifico asinello bianco.

Il principe simpatico partì tranquillamente a piedi con la sua chitarra a tracolla e si incamminò lungo il corso di un ruscello.

Gli otto giorni sembravano interminabili per lo sceicco impaziente, perciò accorse con gioia quando gli annunciarono l’arrivo di Ben Hard. Era coperto di polvere e di sangue e parlò così: – ho viaggiato tre giorni, fino ai confini del regno, finché ho incontrato un plotone di soldati che mi sbarrarono il passo. Li ho vinti tutti e le loro teste pendono dalla sella del mio cavallo. Non sono forte come un re? – disse – Certamente! – rispose il sovrano – ma aspettiamo il ritorno dei tuoi fratelli! –

Non aveva finito di parlare che entrò Ben Husken. Aveva studiato tutta la settimana tanto che i suoi capelli erano diventati bianchi. Disse: – Ho osservato per tre notti la stella Ofiuco che si congiungeva con Aldebaran, la più piccola stella del Toro. Posso dunque prevedere con certezza la marcia degli uragani e il regime delle piogge per i prossimi sessant’anni. Tanta sapienza non è degna di un re? – Certo! – disse il sovrano – ma aspettiamo il terzo fratello. –

Il sole tramontava e i cortigiani si complimentavano già con i due fratelli, uno dei quali, pensavano, sarebbe stato certamente re. Ed ecco, all’improvviso, portato dalla brezza serale, il canto di El Gazil accompagnato dagli accordi della chitarra. – Arriva l’ultimo pretendente – disse scherzando lo sceicco.

El Gazil pareva stanco ma nel suo sguardo brillava la solita gioia. – Ahimè – esclamò tirando un sospiro. – Temo, sire, di portarvi una grande delusione perché io ho perso il mio tempo. Un mormorio di riprovazione salì dalla folla dei presenti. Egli continuò: – Sono andato a Beni Unif a sei chilometri dal tuo palazzo. È un povero villaggio, e là mi sono fermato per bere al pozzo. Ma il pozzo era senz’acqua. Un vecchietto, che custodiva una capretta tutta pelle ed ossa, mi diede un po’ di latte e mi consigliò di partire perché non avrei trovato nulla di buono tra quelle rovine. E mi spiegò che l’inverno scorso una bufera di sabbia aveva tappato il pozzo. La gente, scoraggiata, s’era dispersa portandosi via le bestie, ed ora il vento era rimasto l’unico padrone del luogo. Allora ho cominciato a suonare. Gli uomini rimasti nei dintorni sono venuti a sentire la mia chitarra. Ho cantato la nobiltà della vita, la bellezza dello stare insieme e aiutarsi a vicenda nelle difficoltà. Si sono uniti a me, prima i giovani e poi anche gli anziani. Abbiamo liberato il pozzo e l’acqua è ritornata; abbiamo rimesso in piedi i muri delle case e riparato i tetti sfondati.

Il vecchio sovrano scosse la testa pensieroso e poi parlò: – Certamente sembra meno nobile scavare un pozzo che conoscere il moto delle stelle o massacrare venti soldati. Ma io ti dico: tu sarai il mio successore, perché tu sai guidare gli uomini ed aiutarli a vivere felici. –

Tutta la corte applaudì la saggia sentenza del sovrano e cosi El Gazil divenne signore dell’Atlante e gran sceicco dei Tguaregh-Azie.