È UNA FESTA TRAVOLGENTE IL SABATO DI TRASIMENO BLUES

È UNA FESTA TRAVOLGENTE IL SABATO DI TRASIMENO BLUES

Il via alle danze, sabato 22 luglio, a Castiglione Del Lago, per una serata blues all’insegna della festa, lo ha dato un’ambiziosa band (prevalentemente orvietana) in piazza Mazzini: i “The bus driver is drunk“. Il nome ci introduce già il loro animo ironico e la loro capacità di coinvolgere il pubblico con uno stile informale e le loro divertenti battute che condiscono la loro musica: un blues che si accende di rock. Salgono sul palco i due chitarristi, Valerio Bellocchio e Simone Benella, con i loro strumenti imbracciati con grinta scanzonata e Paolo Antonaroli, il cantante, con una Tennent’s in mano, immagine che accorcia la distanza tra artista e pubblico, creando un’atmosfera informale, leggera, amichevole, quasi familiare. A Trasimeno Blues sono di casa, sono stati in cartellone diverse volte, hanno suonato anche sulla barca dei pescatori in un contesto particolarmente affascinante e dichiarano apertamente il loro desiderio di arrivare a suonare alla Rocca, luogo destinato ai concerti di punta in programmazione. Sono, tra gli artisti del panorama italiano, una delle band che ottengono maggiori consensi dal pubblico. Interpretano in chiave acustica il blues tradizionale integrati con reinterpretazioni di brani del rock internazionale in maniera originale.  Il ritmo incalzante della loro musica conquista la piazza. La band propone in scaletta i più tradizionali brani blues, interpretati in una chiave tutta personale, avvincente e carismatica.

Carichi delle emozioni rock-blues, a fine concerto, siamo accompagnati da Nadia Pasquali (vice presidente della società “Lago d’arte” e responsabile del complesso monumentale palazzo della Corgna-Rocca Medievale di Castiglion del Lago) in una avvincente visita guidata. Entriamo appieno nello spirito del festival visitando dall’interno ciò che fa da sfondo scenografico ad ogni concerto, ovvero la Rocca del Leone, meglio conosciuta come Rocca Medievale arrivandoci dal palazzo della Corgna. Due riferimenti architettonici e storici che costituiscono l’orgoglio della cittadina. Il palazzo della Corgna è stato costruito a partire dal 1563 inglobando il precedente palazzo Baglioni e ha preso il nome dalla famiglia che ha vissuto il suo momento di splendore per un intero secolo, quello del rinascimento e il cui nome deriva da una pianta, il corgnolo, presente sulle colline intorno al Trasimeno e raffigurata spesso nelle decorazioni del palazzo. Inizialmente era una villa di famiglia. Le sue magnifiche stanze sono interamente affrescate con temi mitologici con funzione didascalica contenente insegnamenti da seguire rappresentativi dell’assetto valoriale dell’epoca e di quella specifica dinastia. Ad esempio, la sala di Fetonte invita a non superare il limite, la stanza dell’Eneide splende nella sua funzione celebrativa di nobilitare ed elogiare la famiglia, la sala di Giulio Cesare custodisce il messaggio lanciato ai giovani della Corgna di essere abili strateghi e valorosi condottieri. Infine, la stanza dedicata alle gesta di Ascanio, membro di eccellenza della famiglia, in cui gli affreschi narrano tutte le imprese e le grandiose capacità del protagonista di questa prestigiosa e potente Famiglia, invitano ad ammirarlo e ad emularlo. Entriamo in contatto con i sentimenti di fierezza che hanno caratterizzato le classi sociali più abbienti di un’epoca di rinascita. Dal palazzo della Corgna, si può percorrere la camminata nelle mura di cinta che portano alla Rocca. Nelle sapienti e premurose mani della nostra guida di eccezione, attraversiamo un lunghissimo e strettissimo corridoio, in cui poter ammirare scorci panoramici del lago dalle feritoie poste a distanza identica tra loro, come a segnare un quadro ritmico regolare tra buio e luce. Alla fine, ecco le scale che sfociano sulle mure della Rocca che circondano il palco dei concerti serali e che consentono l’accesso ai torrioni. Arrivati in cima si apre avanti ai nostri occhi una vista mozzafiato sull’intero lago. L’acqua, estesa e sconfinata, azzurra come il cielo, si presenta in tutta la sua immensità, anche perché Castiglione del lago è definita una penisola: ovunque ti giri non vedi altro che bellezza. Chissà quanto sarebbe bello ascoltare il concerto da qui in alto. Nadia, non è solo una professionista, ci appassiona con i suoi racconti dettagliati, in un clima intimo, riportandoci indietro nel tempo e facendoci percepire la vita di allora nei suoi fasti e nelle sue sfumature; pur sottolineando che non ci sono documenti che ne attestino la veridicità, ci informa sull’ipotesi che la Rocca abbia a che fare con Federico II di Svevia, quello “stupor mundi” che ha emozionato il mondo intero e che è sempre stato uno dei miti di mio nonno. Per questo, mi piace prendere in considerazione questa ipotesi come vera. Visitiamo anche stanze dedicate ad una mostra contemporanea e ci viene sottolineato che da ogni scorcio, possiamo appropriarci della stessa vista a cui erano avvezzi il Pinturicchio e il Signorelli, pur non avendo mai avuto a che fare con Castiglion del Lago. In effetti, riconosco tanti panorami delle loro opere e mi sento privilegiata a poterne godere dal vivo, con questa consapevolezza. Chiediamo a Nadia che collegamento può rintracciare tra queste antiche bellezze architettoniche e artistiche e il blues e ci risponde che “sono entrambe testimonianze che ci danno la possibilità di guardare oltre; la fortezza e le sue mura, che sono state difensive un tempo, oggi sono l’opportunità di guardare al di là del proprio naso, di posare lo sguardo su orizzonti larghi, su visioni ampie, riconnettono alla vita che si rinnova e che è se stessa in tutte le epoche e parla di sé attraverso l’arte, pur con le sue sfumature peculiari e questo è molto blues”. Si coglie quella nostalgia che ha ispirato tanti artisti, fantasticando su viaggi extratemporali che permettono di trovarsi in epoche diverse. E, forse, come dice Nadia, il blues, nel suo raccontare la vita reale, quella di tutti i giorni, ci permette di connetterci con aspetti umani che vanno oltre il tempo.

Con impresse in mente queste nuove suggestioni, ritorniamo all’interno della Rocca per assistere al concerto di punta di Trasimeno Blues, dominato inconfutabilmente dal grandioso Sugaray Rayford, accompagnato da una coinvolgente band con batteria, pianoforte, tastiere, basso, chitarre e fiati (tromba e sax). Vengono introdotti da Andrea Dini, e mostrano da subito la loro grinta. Partono sparati, senza mezzi termini, con un soul blues tutto da ballare, passando da brani più leggeri a brani con tematiche più profonde ed intense, sempre proposti con una potentissima energia e un fortissimo coinvolgimento. Quasi tutto il pubblico, già dopo i primi brani, si trasferisce sotto il palco a scatenarsi con la libertà più totale ed esprime, con i propri movimenti corporei, le vibrazioni della musica. Vi devo confessare che sono riusciti a far ballare persino me che, per ballare, mi servirebbe non poco alcool in corpo. Merito di ciò va alla travolgente energia di Reyford, che è un animale da palcoscenico e il cui animo da bluesman coincide perfettamente con quello da showman, e della sua musica, suonata da una band straordinaria. Inoltre, la presenza dei fiati crea musicalmente un’immediata atmosfera di festa. Sugaray dialoga con il pubblico, fa battute divertenti, usa espedienti coinvolgenti, come scendere e cantare accanto a noi del pubblico, lanciare collane colorate, per abbattere quella parete invisibile tra il palco e il pubblico. E ci riesce perfettamente: il concerto si trasforma in una familiare situazione di festa in cui ci sentiamo tutti uniti, insomma con enorme entusiasmo e trasporto seguiamo tutti lo slogan che Rayford comunica ad inizio concerto: “it’s not a concert, it’s a party!”, che mi piace interpretare un po’ come il motto dell’animo di Trasimeno Blues. Ho inoltre fatto caso, con grande emozione, di quanto ad ogni singolo strumento e ad ogni singola personalità venga affidata una importante valenza personalizzante delle proprie capacità. In più momenti, infatti, i diversi artisti hanno la possibilità di esibirsi singolarmente, in assoli eccezionali, per poi riprendere in modo assolutamente armonioso il sound collettivo con il resto del gruppo.

Ad un certo punto l’atmosfera cambia, si fa più intima, il buio si fa più intenso, gli strumenti e i musicisti spariscono dalla scena, la luce si concentra su Sugary Rayford, seduto su uno sgabello davanti a un microfono. Si crea uno stato d’animo di attesa. In questo mood, Sugaray intraprende un piccolo e toccante discorso sulla grande tematica dell’uguaglianza tra esseri umani per introdurre quel brano che, a quanto da lui riportato, ha cambiato la sua veduta sul mondo: “It’s a wonderful world“. Si siede sul proscenio e canta a cappella, con la sua sola inconfondibile voce e un microfono, in una scena nuda come il cuore del pubblico, totalmente rapito. La performance personalizzata, incanta tutti, facciamo tutti esperienza di ciò che Rayford ci vuole trasmettere. I cuori di tutti noi sono legati al resto del mondo in un rispettoso silenzio. È una alchimia che si origina dalla musica, un blues estremamente connesso alla terra, alla realtà, quella della gente comune, quella più genuina piena di imperfezioni che, qui a Trasimeno blues, si trasformano in ricchezze. E il fato delle volte ti lascia davvero senza parole, difatti questa stessa sera ho la fortuna di interagire con persone provenienti da diverse parti del mondo come gli Stati Uniti, il Brasile, la Francia, la Danimarca, l’Olanda, il Senegal. Mi do da fare con il mio inglese acerbo e assisto silenziosamente ad affascinanti conversazioni in francese e in spagnolo. Ovviamente stimolanti ed arricchenti sono state anche tutte le altre conoscenze fatte in questi giorni come Gloria, una donna fantastica che mi ha fatta sentire veramente casa, o Giulio, suo figlio, un ragazzo accogliente e interessante, o Mariella, con il suo entusiasmo. Vi posso assicurare che la magia di Trasimeno Blues è anche questa: siamo tutti amici anche se non ci conosciamo. Si entra in contatto con persone nuove senza imbarazzo perché è abolito il giudizio, le persone sono le più varie, provenienti da realtà molto diverse. È una magia che permette di arricchire a vicenda il proprio bagaglio interiore, uniti tutti dal quel magico mondo del blues. Giulio si sta laureando in ingegneria e, oltre ad avere diverse esperienze alle spalle, sta ultimando una tesi sperimentale in cui segue un progetto di rigenerazione acustica in una chiesa adibita a concerti in Spagna. Questo mi riporta al mondo sommerso che lavora dietro le quinte per realizzare un concerto. Tante competenze professionali: direzione artistica, organizzativa, logistica, ingegneri acustici, tecnici del suono, delle luci, server, solo per citarne alcune) senza le quali non sarebbe possibile per gli artisti esibirsi al meglio.

La serata blues si conclude alla Darsena, come da tradizione, per il concerto dei Caboose. Il duo, composto da Carlo Corso e Luigi De Cicco, si incontra a Trasimeno Blues, arrivando uno da Berlino e uno da Napoli dove hanno suonato separatamente. La loro musica viaggia tra diversi generi in un ritmo incalzante di blues contaminato per un finale coinvolgente.

Quando si rientra a casa, dalla Darsena è notte fonda e il cielo, pieno di stelle, con una mezzaluna matura che accenna ad un sorriso, sembra fare da specchio all’arcobaleno di emozioni che ci hanno accompagnato nei vari momenti musicali e non, in programma e già si fa spazio in me la promessa di tornare l’anno prossimo e immergermi nelle sonorità di questo emozionante viaggio all’insegna del blues.  

(Elisabetta Tinarelli)

Foto di Antonella Bazzoli