LA LIBERTA’ È LA MIA CHITARRA, LA MUSICA È LA MIA CASA: INTERVISTA A LOIDA LIUZZI IN CARTELLONE ALLA DARSENA DI CASTIGLION DEL LAGO A TRASIMENO BLUES 2023

LA LIBERTA’ È LA MIA CHITARRA, LA MUSICA È LA MIA CASA: INTERVISTA A LOIDA LIUZZI IN CARTELLONE ALLA DARSENA DI CASTIGLION DEL LAGO A TRASIMENO BLUES 2023

Loida è bella, con la sua chioma chiara quasi sempre al vento e una spina dorsale tesa come il manico della sua chitarra, come a dire: eccomi, sono pronta. Quella voglia di darsi, quella generosità così rischiosa a cui non ci si può sottrarre, tipica degli artisti, Loida ce l’ha nel sangue. Quando la si sente suonare è come se la linfa vitale che la anima fosse fatta di note. Le sue mani sono scarne e nervose, non per una tendenza a perdersi, quanto piuttosto per la voglia di suonare che hanno. Infatti ho l’impressione che Loida si perda solo nella musica, per il resto ha la testa sulle spalle e una bella intelligenza. Soprattutto, ha chiaro che, come diceva Italo Calvino, se si vuole nuotare, bisogna bagnarsi. Infatti, non ha un briciolo di diffidenza e i suoi occhi raccontano che la vita ha già scritto abbastanza su di lei. Aspetto di ascoltarla dal vivo alla Darsena di Castiglion del Lago, giovedì 20 luglio a mezzanotte in un concerto che promette di farci viaggiare. La contatto su Facebook e mi risponde subito. “Ciao, sono M.P. e curo il blog di Trasimeno Blues (Trasimenobluesexperience). Mi piacerebbe intervistarti prima del concerto del 20 luglio. Fammi sapere se hai uno spazio per sentirci. Buona serata e buon tutto”. Dopo aver spedito il messaggio mi sono detta che non fosse un gran che e che non avevo nessuna presentazione ufficiale che garantisse per me, così, per sicurezza invio un secondo messaggio con il link di Trasimeno Blues Experience, sottolineando che avrebbe potuto dare un’occhiata al blog, anche se, non era un gran che come garanzia. Tutti avrebbero potuto mandare questo stesso link senza essere blogger ufficiali. Insomma, avevo messo in conto che non avrei avuto nessuna risposta. E invece, come fa con la sua musica, Loida mi ha spiazzato: “Hila Maria! È un piacere salutarti! Ora sono in Spagna, arrivo in Italia giovedì. Il mio italiano è molto basico, parlo inglese e spagnolo. Se vuoi possiamo fare l’intervista per iscritto in italiano senza problemi”. Io, che già mi aspettavo di massacrarmi con le traduzioni dall’inglese o dallo spagnolo, tiro un sospiro di sollievo e accolgo la sua disponibilità, oltre ad intercettare quella voglia che Loida ha di non proteggersi dalla vita, di non sottrarsi ad un tocco, di non temere di essere contaminata, anzi, di cercare la contaminazione il più possibile, per arricchirsi di stimoli e di confronti. In fondo, le vie dell’ispirazione sono misteriose. Infatti, citando Melany Griffith in “Una donna in carriera”: “non si sa mai da dove possa giungere una buona idea”. Le chiedo comunque di contattarci in videochiamata. “Fantastico. Grazie! Accetto l’opzione in italiano scritto. Penso a poche domande che mi vengono dal cuore mentre ti ascolto o guardo un tuo video in internet. Se poi ti va, mi piacerebbe parlarci in videochiamata perché io possa raccontare qualche sfumatura sensoriale visiva e auditiva del nostro incontro anche se per ora solo virtuale” e le racconto che nel mio modo di lavorare c’è l’idea di far arrivare al lettore qualcosa in cui l’artista si riconosca. “Buona Spagna e buona vita”, concludo. “Sono felice di conoscerti! Ti lascio il mio numero per parlare più fluentemente”. Già la amo. Non se la tira, è alla mano e sento che la musica per Loida è tutto: non baratterebbe la voglia di suonare neanche con il successo che, in realtà, meritatissimo, sta crescendo sempre di più. In migliaia la seguono e l’apprezzano e lei ci sta investendo. Decido di mandarle un vocale per farle arrivare la mia voce e le confermo che arriveranno le domande. Le racconto il progetto del blog, di come Gianluca Di Maggio, appassionato, visionario fondatore del Festival, avesse appoggiato l’idea di raccontare il blues da una prospettiva comune, facendo emergere il punto di vista esperienziale, emotivo, del vissuto della gente comune come me, piuttosto che quello strettamente tecnico, con la speranza che tutti possano sentirsi legittimati a raccontarsi nel proprio rapporto con il blues e le confesso di come diversi artisti abbiano trovato questo approccio interessante. In un attimo mi ritrovo altrove: mi torna in mente Riberto, (in realtà lo chiamo io così), chitarrista blues dotato di una spiccata ironia, con cui abbiamo condiviso, insieme agli altri e alle altre del gruppo, l’ultima stagione di Panta Rei, che è stata veramente magica, uno di quegli anni che restano nel cuore e nelle fondamenta di quello che siamo. In quei mesi, la mia vita si stava frantumando sotto gli occhi increduli del mio cuore e, contemporaneamente, mi veniva donata, dalla stessa Vita, l’opportunità di essere co-protagonista della sperimentazione di alcune intuizioni da applicare nella vita di comunità che avevo tentato di mettere in campo e che poi sono diventate un modello che porto in giro di tanto in tanto: la neutralità funzionale, lo smaltimento ecologico della propria merda interiore nella dinamica relazionale, il cerchio mono-focus a chiamata per la soluzione inclusiva dei conflitti, sono tra le principali caratteristiche di questo modello che si basa sulla convinzione che la libertà, come l’amore siano un’assunzione di responsabilità. Che emozione ripensare a quel tempo, così spudoratamente creativo: “Il blues mi piace tantissimo, suono solo blues e canzone napoletana ormai, sono vecchio dentro. Solo che il blues lo suonano in tanti, lo ascoltano in pochi e lo legge nessuno”. Il cuore continua a viaggiare e, da Riberto, mi ritrovo all’anno scorso, quando Nick Becattini, senza mezzi termini, mi ha consegnato la profonda verità che il blues prima di tutto va ascoltato. E torno a sentire risuonare il prosieguo delle considerazioni di Riberto, non senza cogliere dietro quel suo modo leggero di esprimersi, una profondità tutta da riflettere: “Meno male che il tuo blog non parla di blues se no sarebbe stato uno di quei blog in cui si dice che il tale chitarrista suonava una fender stratocaster del ’57, con l’amplificatore fender tweed del ’62. Notizie che coinvolgono l’1% della popolazione dei musicisti fra l’altro. Invece così l’ho trovato interessante, coinvolgente, sia nella forma, più lunga, perché bisogna prendersi del tempo per goderlo, non è una cosa che leggi mentre cammini, sia perché mi piace come si evidenzia il punto emotivo, mentale, fisico della situazione, non solo monotematico tipo: le note erano queste, le canzoni erano queste. Interessante”. Con un sorriso che sempre mi si stampa sulla faccia, conferendomi un’area beatamente ebete, quando penso a quel periodo e alle persone, scolpite nel cuore, che lo hanno cavalcato con me, e io con loro, torno al presente e racconto a Loida qualcosa di me: dove vivo, la mia collaborazione con Trasimeno Blues e la promessa che non mi perderò il suo concerto. Costruisco le domande con lo schermo del PC aperto su Loida e il telefonino pure. La cosa che più mi colpisce è la sua freschezza, che non è solo della sua giovinezza, quanto piuttosto un modo di stare al mondo. Mi arriva la voglia di esplorare, di mettersi in gioco, la sete di vita e l’idea che per lei, come per me, la libertà è un valore non negoziabile. Eppure, c’è una delicatezza nelle sue dita tutta particolare. Come se per Loida sia importante arrivare al punto di vibrazione che si crea tra la corda della chitarra e il suo tocco senza che nessuna delle due dimensioni prevarichi. Ho trovato questa peculiarità molto poetica e decido di partire da qui per la mia intervista.

D. Mi colpisce il tuo tocco sulle corde della chitarra, in cui percepisco un forte senso di libertà e una certa delicatezza di cui vorrei saperne di più. Chi è Loida quando suona la sua chitarra?

R. Una ragazza che si dedica a conoscere molto profondamente la chitarra, che le dà libertà quando cerca le melodie che vibrano dentro. Quando suono la chitarra mi sento molto più di una ragazza, è come se avessi un superpotere che mi dà le ali per volare e scoprire nuovi mondi di emozioni.

Il valore del viaggio come identità artistica è ormai assodato, così mi viene la curiosità di scoprire se per Loida, come immagino, sia proprio la musica il luogo incantato in cui rifugiarsi.

D. Una volta hai detto che la musica per te è il luogo in cui vuoi stare. In cosa di preciso la musica ti fa sentire a casa?

R. La musica può essere un luogo o un momento, ha il potere di trasportare nello spazio e nel tempo, ecco perché quando faccio la mia musica è come essere sempre a casa, non importa quando o dove mi trovi fisicamente.

Entro in risonanza con la sensazione di movimento nella vita di Loida, e la immagino in Paraguay, il paese in cui è nata e cresciuta. Non c’è mare in Paraguay e ce n’è tanto nei suoi video, così mi abbandono alla fantasia che il mare per lei sia l’utopia verso cui tendere mentre i suoi passi si sono forgiati sulla terra umida dell’acqua dei fiumi del suo paese, delle pianure, degli altipiani, delle colline, delle valli, dei boschi, di una natura che si defila dal resto del mondo felice di concedersi a pochi, in contrasto con il desiderio di Loida di gridare al mondo la sua musica e la sua natura esploratrice. Su questi pensieri sparsi formulo la domanda successiva.

D. Quanto c’è della tua terra di origine, così particolare e dell’energia della natura selvaggia nel tuo modo di fare musica?

R. È impossibile non assorbire l’energia di ciò che ti circonda e credo che la musica autoctona del mio paese lasci il segno nelle mie composizioni. A volte mi sento paraguaiana e a volte mi sento cittadina del mondo. Per ora, ciò che mi rende felice e mi incoraggia è essere in continuo movimento.

Infatti Loida è in fermento, impossibile arginarla. Impossibile interrompere quel suo essere senza confini, in continuo divenire, un po’ per giovinezza, un po’ per identità.

D. Come definisci la tua identità di musicista?

R. Credo che questa risposta arriverà il giorno in cui morirò e smetterò di creare, perché come musicista sono in continua evoluzione e la definizione che potrei avere di me stessa oggi sarà obsoleta domani.

È consapevole Loida che niente è fermo in questa forma di vita che conosciamo. Tutto si muove, anche l’identità. Se proprio lo volessi cercare un aspetto affidabile e immutabile da attribuirle, lo troverei nella passione che si respira nel suo essere, nelle sue parole, nelle sue dita che sanno diventare un tutt’uno con il suo cuore, nelle sue note.

D. Trasimeno Blues è una delle manifestazioni musicali di genere più importanti in Italia. Cosa Porterai?

R. Presenterò per la prima volta il mio Album “The Journey” in formato Power Trio, accompagnata alla batteria dal grande Charles D’Alberto, che è anche il nostro Tour Manager e responsabile per me di poter suonare in Italia, e Ale Duarte al basso, che è il mio produttore. Presenterò anche alcune famose canzoni italiane in versione chitarra elettrica e anche altre canzoni cantate con Jenny Ti. Uno spettacolo molto vario che sicuramente vi piacerà.

Non ho dubbi su questo. E penso che i piedi di Loida, così radicati siano sicuramente un accordo in do maggiore, mentre gli occhi potrebbero viaggiare in fa diesis, per esempio. Mi metto a fantasticare sulla corrispondenza tra alcune caratteristiche personali e gli accordi musicali. Magari un giorno mi cimenterò ad approfondire questo aspetto che potrebbe essere di interesse per i musicoterapeuti. E sono sicura che per Loida non sia indifferente il rapporto con gli accordi.

D. Qual è il tuo accordo preferito? E perché?

R. Il mio accordo preferito è l’accordo della mia prossima canzone! Per me la cosa più importante è essere sempre in uno stato di creazione, sono sempre alla ricerca di nuove inversioni di accordi che mi aiutino a creare belle melodie.

Mi ero prefissata poche domande e invece, come al solito, mi sono lasciata prendere la mano. Eppure un paio di cose voglio ancora chiederle.

D. Raccontaci qualcosa dei tuoi progetti futuri.

R. Ora sto lavorando al mio secondo album. Ho già finito un paio di canzoni e spero di finire il resto nei prossimi mesi. Il mio piano è di pubblicare singoli ogni mese finché l’album non sarà completo. Ho molte sorprese in questo album, alcune versioni di grandi canzoni che ho amato per tutta la vita e anche alcuni ospiti di eccezione: chitarristi che ammiro molto! E prevedo che mi vedranno qui il prossimo anno. Spero di tornare in Italia con più spettacoli e visitare più città.

Sorvolo ogni domanda sull’Italia e concludo alla Marzullo.

D. Quale domanda vorresti che ti facessi? E quale domanda vorresti non ti fosse mai posta?

R. Mi piace che mi chiedano dei miei progetti o anche delle mie canzoni, ogni canzone che compongo è come un bambino per me, e sappiamo che i genitori adorano parlare dei propri figli. La domanda a cui spero di non dover mai rispondere è: perché hai smesso di suonare la chitarra? Approfitto per dire il mio grazie a Trasimeno Blues per averci aperto le porte del festival e grazie a te per questa bellissima intervista. Baci e Rock N’ Roll.

Se avete altre curiosità su Loida, cercate in internet, ci sono diverse interviste con lei e notizie, tra cui alcuni aspetti emozionanti del rapporto con suo padre. E, se volete davvero incontrarla, cercate la sua musica, chiudete gli occhi e toccatele l’anima, lei non ha paura di perderla o di sporcarla, guarda dritto davanti a sé. E se poi volete davvero darle l’opportunità di rivelarsi, venite a sentirla il 20 luglio alla Darsena di Castiglion del lago, a mezzanotte. Perché è a mezzanotte che una stella si mostra in tutto il suo splendore.

M.P.